Venerdì 26 Agosto alle ore 22:00 al Parco Archeologico Scolacium di Borgia la tragedia greca di Euripide e Sofocle rivisitata da Emma Dante, la formidabile regista con tutto il suo respiro della più potente contemporaneità ed il repertorio della classicità greca, propone uno spettacolo intenso e raffinato che mette insieme il fascino di un mondo intramontabile e i drammi del nostro tempo.

Per circa settanta giorni, infatti, alle 18:00 in punto, arrivava il bollettino della Protezione Civile. A quell’ora mollavamo tutto e ci piazzavamo davanti alla TV per ascoltare l’epilogo delle ultime ore: quante persone contagiate e soprattutto quanti morti? La nostra giornata in quarantena era scandita da notizie tremende che non dimenticheremo mai più. «È un dolore che non si può dire con le parole», dice il Messaggero di Eracle prima di raccontare il crimine orrendo che l’eroe compie contro la sua stessa progenie.

Oppure «La vita umana è come ombra e non esiste al mondo un essere felice», conclude il messaggero di Medea nel racconto tremendo della morte di Creonte e di sua figlia, o ancora il Messaggero che, dopo aver  descritto l’accecamento di Edipo con le fibbie dorate della veste di sua madre-sposa, conclude il suo racconto con queste parole: «Occhi mia, voi non vedrete mai né i mali che ho patito, né quelli che ho compiuto, ma d’ora in avanti occhi mia, voi vedrete soltanto ‘a tenebbra».

I messaggeri delle tragedie ci riguardano da vicino, assomigliano ai nostri messaggeri contemporanei, portatori di dolore e lutto. Se accostiamo il racconto della Protezione Civile a quello delle tragedie greche, fra il nostro bollettino e la narrazione dei messaggeri troveremo molte analogie. Il messaggero arriva più o meno verso la fine della giornata in cui si svolge la storia e rivolgendosi direttamente al pubblico, come in un Telegiornale, descrive per filo e per segno il racconto dell’orrendo evento.

Strutturalmente l’episodio del messaggero è svincolato dal resto della tragedia e resta un racconto a sé stante con un inizio, uno svolgimento e una fine. Contiene nel suo messaggio la parte più cruenta, quella che rende la storia insopportabile al cuore e alla mente.  «Parla, dicci cos´è accaduto agli infelici», lo esorta il Coro. E il Messaggero comincia. Senza risparmiarci i particolari che sono punte di coltelli affilati. Attraverso il processo doloroso della catarsi, cerca di impietosirci per mondare il corpo e l’anima da ogni contaminazione.