Nata alla fine del XVIII° secolo nel Palazzo degli Studi, l’attuale Museo Archeologico, viene dichiarata Biblioteca Nazionale nel 1860 mentre nel 1927 viene inaugurata la prima sede a Palazzo Reale, nelle ottocentesche Sale degli appartamenti usati per le feste

Oggi conserva un Patrimonio di oltre 2 milioni e mezzo di documenti che spazia dagli autografi di Giacomo Leopardi ai preziosi papiri ercolanesi, dai fondi dedicati al Teatro napoletano, ai manoscritti riccamente miniati e che la Biblioteca intitolata a Vittorio Emanuele III° non solo conserva e tutela, ma mette in rete attraverso un’accurata opera di digitalizzazione.
La sua storia si intreccia con quella dei Farnese che dal Ducato di Parma e Piacenza nel 1734 arrivano a Napoli con Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta, l’ultima discendente dei Farnese. Ed è a lei, infatti, che appartiene la raccolta libraria iniziata da Alessandro, divenuto poi Papa Paolo III.
«Il nostro fiore all’occhiello – spiega la Direttrice della Biblioteca Maria Iannottiè la raccolta degli autografi leopardiani. Sono arrivati a noi perché Leopardi muore a Napoli a casa del suo amico Antonio Ranieri che lo accudisce con la sorella Paolina fino agli ultimi momenti della sua vita. E a lui rimangono i manoscritti. Ranieri, in seguito, li lascerà alla Biblioteca».
Ciò che tuttavia rende unica la Nazionale di Napoli è l’Officina dei Papiri Ercolanesi. I rotoli aperti hanno restituito testi greci di straordinaria importanza, prima fra tutti l’opera cardine di Epicuro Sulla natura, oltre al corpus delle opere di Filodemo di Gadara, cui si deve la formazione della Biblioteca ercolanese.
«Con l’eruzione del Vesuvio del ’79 dopo Cristo, la Biblioteca si è conservata sotto strati di lapilli e terreno. Il recupero – racconta sempre la Iannottiavvenne dal 1752 al 1754 e in quell’occasione furono riportati alla luce diversi e numerosi papiri che compongono una Biblioteca di Filosofia, quasi sicuramente fondata da Filodemo di Gadara, un seguace della Scuola epicurea».