A più di cento anni dalla ricomposizione integrale del Codice sul Volo di Leonardo da Vinci, il Ministero della Cultura celebra il prezioso manoscritto con un mini documentario che ne rivela il contenuto e ripercorre alcuni degli episodi più singolari che lo hanno portato a far parte del fondo librario della Biblioteca Reale di Torino

Nel breve cortometraggio sono passati in rassegna le pagine dell’opuscolo che, fitte di note, schizzi e osservazioni, offrono una sorprendente testimonianza della tenacia che il maestro sempre profuse nel suo sforzo volto ad individuare le leggi fisiche alla base del volo degli uccelli. Le ricerche miravano a realizzare una chimera che il genio fiorentino inseguì a lungo: la costruzione di una macchina che permettesse all’uomo di librarsi in aria. Gli studi compiuti da Leonardo più di cinque secoli fa, conservano ancora oggi grande valore.
Il Codice, scritto con la tipica scrittura leonardesca, da destra verso sinistra, si configura più come un block notes ante litteram, in cui sono riportati gli appunti che il genio toscano prese durante i propri studi sul volo. L’opuscolo è, inoltre, arricchito con diversi disegni e abbozzi preparatori delle macchine e delle invenzioni. E’ uno studio che il maestro riprese più volte, a partire da fine ‘400, quando viveva a Milano dove si concentrò soprattutto sull’aspetto meccanico e su ciò che la rendeva possibile, ossia la struttura delle ali.
Tuttavia, si rese conto ben presto di non avere a disposizione materiali sufficientemente leggeri e, quindi, adeguati per poter realizzare una macchina in grado di volare, così come mancava l’energia che potesse dare propulsione al mezzo. Abbandonati gli studi dopo aver preso consapevolezza della non fattibilità del progetto, gli stessi verranno ripresi nel 1503 circa, una volta che lo scienziato farà ritorno a Firenze.
Donato nel 1893 al re Umberto I dagli studiosi Giovanni Piumati e Theodor Sabachnikoff, che lo avevano scovato incompleto nel mercato antiquario, il piccolo quaderno di trentotto pagine entrò in questo modo a far parte della Biblioteca Reale di Torino. Come osservato dalla Direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella: «Questo è un piccolo esempio che testimonia la consistenza del Patrimonio che conserviamo, che sebbene possa restare silente in alcuni periodi, in altri riemerge con forza. Sono forme carsiche, vale la pena di conservarle perché sappiamo che ogni oggetto e ogni libro ha un futuro. Le parole dei libri e il linguaggio delle immagini si intersecano in un’idea di sapere che fa della Biblioteca Reale di Torino un grande strumento di conoscenza e arricchimento per tutti i cittadini, fondamentale per disegnare il nostro futuro».