Fu un omicidio avvento per mano di Pino Pelosi

Erano le 6:30 del mattino del giorno successivo al 1 Novembre 1975, quando la Signora Maria Teresa Lollobrigida s’imbatte nel corpo di Pasolini dopo aver pensato per un istante di essersi trovata di fronte a un sacco dell’immondizia nello spiazzo dell’Idroscalo ad Ostia. La lunga ed ultima notte dello scrittore e regista era cominciata, non solo in senso figurato, molte ore prima.
Il culmine, probabilmente, era avvenuto all’inizio di quel 1975, quando l’intellettuale Pasolini (l’ultimo in questo Paese) iniziò a ragionare sulla mutazione antropologica dell’Italia e degli italiani. D’altronde qualche ora prima di andare a cena con Ninetto Davoli e la famiglia, la sera precedente era in uno dei suoi posti prediletti. Il Pommidoro del Quartiere San Lorenzo a Roma.
Aaveva rilasciato, infatti, un’intervista a Furio Colombo. Uno dei passaggi di quell’intervista risultò fulminante, perfino plastico nel fotografare un Paese in cui la cultura popolare era stata distrutta dal consumismo. In La scomparsa delle Lucciole apparso su Scritti Corsari era arrivata, proprio come una presa di coscienza su come il mutamento del Paese fosse, ormai, irreversibile.
Pasolini quel pomeriggio disse a Colombo queste parole: «La tragedia è che non ci sono più essere umani, ma ci sono strane macchine che sbattono una contro l’altra». La mutazione antropologica, appunto. Mentre pronunciò questa frase il povero Pasolini non sapeva che nel giro di qualche ora andrà incontro alla morte. Una morte violenta ed efferata.