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Gli eroi che anticamenti divennero la voce del popolo

In epoca Pontificia, a partire dal XVI° secolo, in un periodo in cui il dissenso non era particolarmente gradito, il popolo romano si affidò a 6 Statue ‘parlanti’, nel Centro della Capitale, per denunciare i soprusi e l’arroganza in particolare dei nobili e del Clero.
Al collo di queste sculture, o appoggiate ad esse, iniziarono ad apparire cartelli con scritte satiriche, poesie e rime in romanesco, invettive e dialoghi ironici, tutti in forma anonima, che prendevano di mira importanti personaggi pubblici, Papa incluso, e denunciavano episodi di malgoverno e corruzione.
L’umorismo ed il sarcasmo, tipici del popolo romano, trovarono una forma di espressione attraverso questi eroi dalla lingua lunga, dei portavoce del malcontento popolare, conosciuti come il Congresso degli Arguti.
La più nota di queste Statue è sicuramente quella di Pasquino, nei pressi di Piazza Navona, che nel ‘600 vide comparire, fra le varie frasi satiriche, la celeberrima «Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini» (Quello che non fecero i Barbari, lo fecero i Barberini), sprezzante locuzione latina indirizzata a Papa Urbano VIII° per aver fatto togliere le travature bronzee del pronao del Pantheon.