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A poco meno di 24 ore dalla partenza del Giro d’Italia 2022 prevista in Piazza degli Eroi a Budapest, il mondo del ciclismo non dimentica Ginettaccio Bartali, campione di sport e di umanità deceduto il 5 Maggio del 2000

«L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare», con questa proverbiale frase, pronunciata dal campione fiorentino, un po’ burbero, ma tanto schietto e generoso, nessuno potrà mai dimenticare Gino Bartali, sportivo rispettato da tutti, capace di portare Firenze e l’Italia nel firmamento delle stelle mondiali. Nel suo palmares, infatti, l’affermazione a 3 Giri d’Italia e 2 Tour de France.
Il Tour del 1948 fu un’impresa sportiva a dir poco ‘miracolosa‘ che, forse, salvò l’Italia dalla guerra civile dopo l’attentato al leader comunista Palmiro Togliatti. Un curriculum di vittorie che poteva essere ben più nutrito se non si fossero messi di mezzo un certo Fausto Coppi e la Seconda Guerra Mondiale.
E proprio la guerra fu una scomoda protagonista nella vita di Gino. Durante gli anni del conflitto non smise mai di allenarsi, sempre in sella alla sua Legnano che non lasciava neanche per andare a letto. Ma non è solo per professionalità che Bartali si allenava in modo così maniacale.
D’accordo con il Cardinale di Firenze Elia Dalla Costa, stava a modo suo combattendo contro il nazi-fascismo. Durante i lunghi allenamenti tra Firenze e Assisi trasportava, nascosti nel telaio della sua bicicletta, documenti falsi per i tanti ebrei che rischiavano la deportazione e la vita.
Il suo coraggio e la sua umanità contribuirono a salvare centinaia di persone, circa 800. Tant’è, che dal 2013 è stato dichiarato Giusto tra le Nazioni e dal 2018 è cittadino onorario di Israele. Uno straordinario campione che non avrebbe potuto essere tale se la sua classe non fosse stata supportata da doti umane di altrettanto valore.