Firenze da molti è riconosciuta come Capitale della Cultura e dell’Arte. Ma per 6 anni, dal 3 Febbraio 1865 al 3 Febbraio 1871, fu anche Capitale del Regno d’Italia

Il 19 Novembre 1864, ossia proprio come oggi, con 317 voti favorevoli e 70 contrari, fu infatti approvata la Legge che trasferiva la Capitale da Torino a Firenze, considerata più centrale ed in posizione geograficamente protetta, in vista della Terza Guerra di Indipendenza contro l’Impero austriaco.
Un evento di tale portata significò molti cambiamenti in città, fra polemiche e consensi, per adeguarsi al mutamento di ruolo e funzione, compresi il cosiddetto risanamento del tessuto urbano, avvenuto fra il 1865 ed il 1895. A tal proposito si ricorda un libretto, edito dalla Tipografia Letteraria di Torino, dal titolo La nuova capitale. Guida pratica popolare di Firenze.
Era rivolto a chi stava per trasferirsi nella città toscana. Vi si legge una descrizione della Firenze d’allora e degli usi e costumi degli abitanti: «Una grande e simpatica città la quale attrae e seduce a prima giunta non solo per la meravigliosa bellezza de’ monumenti che racchiude e delle opere d’arte…ma per lo splendore e la mitezza del cielo, e, più di tutto, per una spiccante ed elegante armonia».
Allo stesso tempo vi si annotava la tarda ora a cui aprivano le Botteghe la mattina con una nota anche sui vini toscani: «Piuttosto secchi e di color granato, salati, squisiti, ottimi insomma per pasteggiare. E non sono cari».
La Gazzetta Ufficiale del 3 Febbraio 1865 comunicò, poi, il viaggio in treno di Re Vittorio Emanuele da Torino a Firenze. Arrivò alle 22:30 circa, accolto da Autorità e cittadini in una città illuminata a festa e con le bandiere alle finestre, recandosi in seguito a Palazzo Pitti, dove prese alloggio.
La Camera dei Deputati fu ospitata nel Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, mentre il Senato nell’Antico Teatro Mediceo degli Uffizi. Il Salone tornava, così, a svolgere un ruolo democratico, in sintonia con i valori che avevano spinto Girolamo Savonarola a concepirlo. Il suo allestimento fu motivo d’impegno, ma anche di polemiche.
L’incarico fu attribuito a Carlo Falconieri, ingegnere di Messina, che in modo improprio con la storia e l’architettura del Salone, concepì una struttura in legno ellittica, chiusa da un esteso tramezzo vetrato che appoggiava adiacente ai 2 affreschi laterali della guerra con Pisa e quella con Siena.