La specie non sarebbe più rigorosamente protetta

Nell’estate dello scorso anno, l’anziano Dolly, il pony prediletto del Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyn, venne sbranato da un lupo nella tenuta di famiglia, in Bassa Sassonia. Ieri la Presidente ha annunciato di voler di fatto legalizzare la caccia ai lupi, proponendo di declassarne da specie «rigorosamente protetta» a semplicemente «protetta» lo status previsto dalla Convenzione di Berna, che sin dal 1979 tutela con successo i canidi lupini.
Ma non è solo o tanto vendetta personale, quella che ha spinto la von der Leyen a mettersi in rotta di collisione con le Organizzazioni animaliste, che sono già insorte accusandola di agire per puro opportunismo politico e soprattutto in assenza di alcun supporto scientifico sulla reale pericolosità della specie. Il problema, tuttavia, è percepito soprattutto in Germania, dove persiste una vera e propria sindrome da Cappuccetto Rosso.
Certo non parliamo di un animale qualunque, ma di un simbolo controverso di allegoria del male per alcuni, emblema della riconciliazione fra uomo e natura per altri. Eppure, non è la Repubblica Federale il Paese europeo dove vive la maggioranza dei circa 20 mila lupi d’Europa, primato che spetta, oltretutto, all’Italia, Romania e Bulgaria. La Presidente della Commissione spiega, infine, che «la concentrazione dei branchi in alcune regioni europee è diventata un vero pericolo».